Al Menti Vicenza e Ternana si annullano finisce 0-0

Un primo atto senza reti ma carico di tensione quello andato in scena allo stadio Menti tra Vicenza e Ternana, valido per la semifinale d’andata dei playoff promozione. Le due squadre si sono fronteggiate con determinazione, ma senza riuscire a trovare la via del gol. Il verdetto definitivo è ora rimandato al ritorno, in programma mercoledì 28 maggio al “Liberati” di Terni, dove ci si giocherà l’accesso alla finalissima. Davanti a oltre 10.000 spettatori (422 dei quali ospiti) per un incasso superiore ai 155.000 euro, la gara ha offerto più intensità che spettacolo. I padroni di casa, guidati da Vecchi, hanno faticato più del solito a costruire gioco, complice l’organizzazione e la compattezza della formazione di Fabio Liverani. Le “Fere”, ben disposte in campo, hanno reso la vita difficile al Vicenza soprattutto nella prima frazione. Il momento più pericoloso della prima metà di gara lo firma la Ternana al 38’: un errore in uscita di Leverbe spalanca la strada a Cianci, che si presenta solo davanti a Confente. Il portiere biancorosso è però strepitoso e salva il risultato con un intervento provvidenziale. Un minuto dopo arriva la risposta del Vicenza con le conclusioni di Ronaldo e Della Morte, neutralizzate da Vannucchi. Nel secondo tempo, il Vicenza alza il ritmo e cerca di aumentare la pressione offensiva. I cambi operati da Vecchi – inserendo forze fresche come Carraro, Rauti e Rossi – non riescono però a sbloccare la gara. L’occasione più ghiotta arriva all’85’, quando Costa raccoglie un cross di Rossi e conclude a botta sicura, trovando però la pronta opposizione di Casasola che si immola in area. Nonostante il predominio territoriale nel secondo tempo, la squadra veneta non riesce a sfondare il muro rossoverde. La Ternana, ben guidata da Capuano in difesa e ordinata fino alla fine, porta a casa un pareggio prezioso in vista del match di ritorno. 📋 Le Formazioni Vicenza (3-5-2): Confente; Cuomo, Leverbe, Sandon; Talarico (35’ st Rossi), Della Latta (21’ st Rauti), Ronaldo (21’ st Carraro), Costa; Zonta (44’ st Beghetto); Della Morte (35’ st De Col), Morra.All. VecchiA disposizione: Massolo, Gallo, Laezza, Fantoni, Capone, Garnero. Ternana (3-4-2-1): Vannucchi; Donati, Capuano, Martella; Casasola, Aloi (27’ st Fazzi), Vallocchia, Tito; Curcio (16’ st Damiani), Cicerelli (44’ st Romeo); Cianci (16’ st Ferrante).All. LiveraniA disposizione: Vitali, Passador, Bellavigna, Maestrelli, Valenti, Corradini, Montenegro, Brignola, Donnaumma. Arbitro: Andrea Ancora (Roma 1), assistenti Colaianni e Capriuolo (Bari), IV uomo Renzi (Pesaro), VAR Maggioni (Lecco), AVAR Ubaldi (Roma 1).Ammoniti: Aloi (T), Della Morte (V), Casasola (T).Recupero: 2’ pt, 3’ st. Partita intensa ma avara di emozioni negli ultimi metri. Il Vicenza ha provato a forzare i ritmi, ma ha trovato davanti a sé una Ternana determinata, compatta e cinica nel chiudere gli spazi. Da segnalare la grande prestazione di Confente, decisivo nel primo tempo, e la solidità difensiva di Capuano per gli ospiti. Ora, tutto si decide a Terni: i biancorossi dovranno ritrovare brillantezza e lucidità sotto porta, mentre la squadra di Liverani potrà contare sul fattore campo e su una difesa che sta ritrovando fiducia. Intanto, nell’altra semifinale, il Pescara ipoteca la finale grazie al roboante 4-1 ottenuto sul campo dell’Audace Cerignola.
Perugia celebra il XX Giugno con un mese di eventi

Dal 24 maggio al 27 giugno, Perugia si prepara a vivere un mese ricco di appuntamenti per commemorare il XX Giugno, data storica in cui la città si oppose alle truppe pontificie nel 1859. Il programma, frutto di una collaborazione inedita tra amministrazione comunale e associazioni locali, è stato ufficialmente presentato presso Palazzo dei Priori. Un calendario condiviso tra Comune e territorio Per la prima volta, gli eventi promossi dal Comune si intrecciano in un unico programma con quelli curati da una rete di realtà associative molto attive sul territorio. Al centro dell’iniziativa, l’obiettivo di unire in un’unica cornice le celebrazioni istituzionali e quelle nate spontaneamente dalla cittadinanza. Questa sinergia rappresenta un passo significativo verso una narrazione collettiva della memoria storica perugina. Le associazioni protagoniste A guidare l’organizzazione delle attività ci sono cinque realtà da tempo impegnate nella valorizzazione del XX Giugno: Società operaia di mutuo soccorso, Borgo Bello, Famiglia Perugina, Circolo Ponte d’Oddi e La Società del Bartoccio. Accanto a loro, tante altre associazioni culturali e sociali arricchiscono il programma: Teatro di Sacco, Museo del gioco e del giocattolo, Vivi il Borgo, Anpi Perugia, Libera Umbria, Unione Parkinsoniani, Istituto Bernardino di Betto, Deputazione di Storia Patria per l’Umbria e altri ancora. Dalle arti visive alla memoria storica L’avvio delle celebrazioni è previsto il 24 maggio, con un laboratorio di pittura nei giardini Rosa e Cecilia Caselli Moretti, curato da Edicola 518. Il gran finale, invece, si terrà il 27 giugno con la presentazione del volume fotografico “Gli occhi di Perugia” di Guido Harari, omaggio visivo alla comunità e alla città. Tra gli eventi principali, il 10 giugno si terrà l’incontro “Ricordare Aldo Capitini” nella Sala dei Notari, realizzato su progetto di Piergiorgio Giacchè con la partecipazione di Goffredo Fofi. Il 17 giugno, invece, verrà presentato il ciclo “Il Grifo a Perugia: tra mito, storia e modernità”, ideato da Luana Cenciaioli e promosso dall’Ufficio di presidenza del Consiglio comunale: una serie di incontri e visite per scoprire la simbologia e l’identità del Grifo, emblema cittadino. Le voci del progetto Nel corso della presentazione, è stato sottolineato come il Comune abbia voluto rafforzare il legame con il mondo dell’associazionismo, non solo sostenendo le iniziative già avviate ma anche contribuendo alla loro promozione e valorizzazione. L’ente, in qualità di co-organizzatore, fornirà supporto logistico e comunicativo, contribuendo a una visione condivisa e partecipata della ricorrenza. Note emerse durante l’incontro: Una memoria viva, radicata e condivisa La Festa Grande 2025 si configura dunque non solo come una commemorazione storica, ma anche come un’occasione di riflessione collettiva. Le realtà coinvolte auspicano che questa ricorrenza continui a essere un momento di affermazione dei valori di libertà e partecipazione popolare, pilastri fondamentali del patrimonio perugino.
Leggenda del pugilato italiano e campione senza tempo

Si è spento all’età di 87 anni Nino Benvenuti, uno dei più grandi atleti italiani di sempre, simbolo di un’epoca d’oro del pugilato. Campione olimpico a Roma 1960 e plurititolato a livello professionistico, Benvenuti non è stato solo un pugile: è stato un’icona dello sport e del costume italiano, capace di far sognare milioni di persone con il suo stile elegante, la sua determinazione e i suoi valori. Nato a Isola d’Istria il 26 aprile 1938, in un territorio allora italiano e oggi sloveno, Giovanni Benvenuti – questo il suo nome all’anagrafe – visse un’infanzia segnata dallo sfollamento e dall’esodo forzato che lo portò con la famiglia a trasferirsi a Trieste. Iniziò a tirare i primi pugni in palestra già da giovanissimo, seguendo le orme del padre e coltivando un talento che esplose ben presto a livello nazionale. Nel 1960, ai Giochi Olimpici di Roma, conquistò l’oro nella categoria dei pesi welter, sconfiggendo in finale il sovietico Jurij Radonjak. A suggellare la sua straordinaria tecnica, ricevette anche la prestigiosa Coppa Val Barker, assegnata al miglior pugile del torneo, davanti persino a un giovane Cassius Clay. Il passaggio al professionismo, avvenuto nel 1961, segnò l’inizio di una carriera costellata di trionfi. In pochi anni vinse decine di incontri, conquistando il titolo italiano dei pesi medi e, successivamente, quello mondiale dei superwelter nel 1965. Proprio in quell’anno nacque una delle rivalità più accese della storia del pugilato italiano: quella con Sandro Mazzinghi. Due incontri combattuti e controversi, entrambi vinti da Benvenuti, che divisero l’Italia sportiva come in passato era accaduto con Coppi e Bartali. Il suo momento più alto arrivò il 17 aprile 1967, quando al Madison Square Garden di New York sconfisse Emile Griffith, conquistando i titoli mondiali WBA e WBC dei pesi medi. Fu il primo italiano a riuscirci. Quel match, definito “Fight of the Year”, fu seguito in Italia da oltre 16 milioni di radioascoltatori, visto che la Rai decise di non trasmetterlo in diretta televisiva. Con Griffith, Benvenuti disputò una storica trilogia: perse il secondo incontro, combattendo con una costola rotta, ma si impose nel terzo, ancora a New York. Le loro epiche sfide si trasformarono in una sincera amicizia, tanto che Griffith diventò il padrino di cresima di uno dei figli di Nino. Nel 1970, ormai verso il tramonto della sua carriera, salì sul ring contro un altro mito: l’argentino Carlos Monzon. Ma l’età e la freschezza dell’avversario giocarono a sfavore di Benvenuti, che uscì sconfitto sia a Roma che, in modo ancor più netto, a Montecarlo. Fu proprio il KO del 1971 nel Principato a sancire il suo ritiro definitivo dal pugilato. Nel corso della sua carriera, Nino Benvenuti ha collezionato 120 vittorie e una sola sconfitta da dilettante, mentre tra i professionisti ha combattuto 90 incontri, con 82 vittorie, 7 sconfitte e 1 pari. Ma al di là delle statistiche, è il carisma e l’eleganza con cui si è sempre presentato sul ring e nella vita a renderlo indimenticabile. Fu anche protagonista, seppur per breve tempo, della politica: nel 1964 si candidò con il MSI, dichiarando in seguito che le sue simpatie di destra erano legate più all’esperienza personale di esule istriano che a un preciso orientamento ideologico. Amava definirsi “un bambino forte che pensa di avere il mondo sempre in pugno”. Una frase che riassume perfettamente la sua personalità combattiva e al tempo stesso sognatrice. Dopo il ritiro, ha lavorato come commentatore, dirigente sportivo e volto noto della televisione italiana, mantenendo sempre viva la passione per il ring. Numerosi sono stati i messaggi di cordoglio e di riconoscimento da parte del mondo politico e sportivo italiano per la scomparsa di Nino Benvenuti. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha voluto ricordarlo sottolineando il suo straordinario valore umano oltre che sportivo: un campione legato profondamente alle sue radici istriane e testimone della tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Ha evidenziato come Benvenuti sia stato protagonista non solo sul ring, ma anche nella difesa della verità storica, un esempio per l’Italia intera. In attesa dei funerali, da domani pomeriggio fino a giovedì sarà allestita la camera ardente nel Salone d’Onore del Coni, per permettere a tutti di rendere omaggio al grande pugile. Dal mondo della boxe sono giunti ricordi toccanti. Francesco Damiani, ex campione del mondo dei pesi massimi, ha espresso dolore per una perdita che lascia un vuoto profondo nella disciplina. Damiani ha ricordato l’ammirazione che nutriva fin da bambino per Benvenuti e ha ripercorso i primi momenti condivisi, come alla Coppa del Mondo a Roma, dove Nino premiava i giovani dilettanti. Patrizio Oliva, oro olimpico a Mosca 1980, lo ha descritto come il proprio faro, colui che gli aveva indicato la via con uno stile inconfondibile. Oliva ha ricordato l’inizio della loro amicizia, nata quando Benvenuti vide combattere per la prima volta il giovanissimo Oliva, riconoscendogli un talento simile al proprio. Il campione napoletano ha sottolineato quanto Benvenuti abbia dato prestigio al pugilato italiano, contribuendo con eleganza e passione a far conoscere questo sport anche a chi non lo seguiva abitualmente. La sua tecnica, paragonata a quella della scherma, lo ha reso unico, al pari di miti internazionali come Muhammad Ali. Anche Roberto Cammarelle, oro olimpico a Pechino 2008, ha ricordato l’influenza positiva esercitata da Benvenuti sulle nuove generazioni di pugili. Ha rievocato in particolare la sua presenza durante le Olimpiadi cinesi, quando commentò la vittoria di Cammarelle per la Rai. Lo ha definito affettuosamente “lo zio del pugilato italiano”, una figura familiare e amata da tutto l’ambiente. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha voluto celebrare Nino Benvenuti come “icona senza tempo” e “campione straordinario”. Ha rimarcato l’eredità lasciata dal campione friulano, fatta di imprese leggendarie, eleganza e umanità, elementi che lo rendono immortale nella memoria collettiva dello sport italiano. Il presidente della Federazione Pugilistica Italiana, Flavio D’Ambrosi, ha parlato di Benvenuti come di un uomo che ha saputo rappresentare l’intera Italia pugilistica con stile e orgoglio, contribuendo a ispirare intere generazioni. Il suo messaggio ha sottolineato il valore culturale oltre che
Un Tesoro Nascosto nel Cuore d’Italia

L’Umbria, il cuore verde d’Italia, è una regione che incanta con i suoi paesaggi collinari, i borghi medievali e le tradizioni enogastronomiche. Spesso associata alla sua natura incontaminata e ai suoi tesori artistici, l’Umbria cela una peculiarità sorprendente: pur non affacciandosi su alcun mare, vanta ben tre isole! Questo apparente paradosso si risolve esplorando le acque del suo lago più grande, il Lago Trasimeno. Il Lago Trasimeno: Un Gigante Dolce dalle Radici Antiche Il Lago Trasimeno non è un lago qualunque. Con i suoi 128 chilometri quadrati, è il quarto lago più esteso d’Italia e il più grande dell’Italia centro-meridionale. La sua origine è tettonica: si è formato quando le acque dolci hanno riempito una conca creatasi a seguito dei movimenti della crosta terrestre. Questa genesi particolare ne determina una profondità estremamente modesta, raggiungendo circa 6 metri nel punto più basso. Nonostante la sua scarsa profondità, la vastità della sua superficie lo rende un ecosistema unico e affascinante. Le Tre Perle del Trasimeno: Polvese, Maggiore e Minore All’interno delle sue acque, il Trasimeno custodisce tre isole, ognuna con la sua storia e le sue caratteristiche distintive: Le isole del Lago Trasimeno sono una testimonianza affascinante di come la natura possa sorprendere, creando mondi inaspettati anche lontano dalle coste marine. Un viaggio in Umbria non sarebbe completo senza una visita a queste perle d’acqua dolce, veri e propri custodi di storia, natura e tradizioni.
Viaggio nel cuore autentico dell’Umbria

Tra le morbide colline umbre e i paesaggi punteggiati da oliveti e vigneti, si cela una città che custodisce un’anima antica, autentica e vibrante. Stiamo parlando di Foligno, un luogo dove il tempo sembra scorrere con un ritmo tutto suo, fatto di tradizioni secolari, arte raffinata, sapori intensi e una cordialità che ti accoglie fin dal primo passo. Ma Foligno è molto più di una città d’arte o di un centro storico ben conservato: è il cuore geografico e simbolico d’Italia, tanto da meritarsi, da secoli, il soprannome affascinante di “centro del mondo”. Dove tutto si incontra: una città al crocevia della storia Fondata dagli antichi Umbri prima ancora dell’arrivo dei Romani, Foligno ha sempre giocato un ruolo di primo piano nella geografia culturale e commerciale della penisola. Situata lungo le rotte che collegavano Roma con il Nord, è stata un punto di passaggio fondamentale per pellegrini, mercanti e viaggiatori. La sua posizione nel cuore della Valle Umbra, tra Spoleto, Assisi e Perugia, le ha consentito di svilupparsi come snodo vitale nei secoli. Un luogo dove le strade si incrociano, le culture si mescolano e la storia si respira in ogni pietra. Non è un caso, infatti, che già nel XIX secolo alcuni studiosi identificarono nel centro storico di Foligno, precisamente nel cosiddetto “Trivio”, il punto in cui si incontrano il cardo e il decumano romani, il centro geometrico della città. Ma non solo: l’Italia è al centro del Mediterraneo, e il Mediterraneo, per gli antichi, era il centro del mondo conosciuto. Da qui l’espressione suggestiva e affascinante: “Foligno è il centro del mondo”. E camminando tra le sue vie, questa affermazione assume un senso profondo, quasi poetico. Un centro storico che incanta Passeggiare per il centro di Foligno è come sfogliare un libro illustrato di storia e bellezza. Il cuore pulsante della città è Piazza della Repubblica, dominata dal maestoso Duomo di San Feliciano, dalla facciata sobria e armoniosa, e da palazzi storici come il Palazzo Trinci, autentico gioiello del gotico italiano che custodisce cicli di affreschi tra i più affascinanti del Quattrocento. Visitare il palazzo significa immergersi in un mondo fatto di simboli, colori e storie che parlano ancora all’anima di chi guarda. I vicoli stretti e ordinati, le piazze accoglienti, i caffè con tavolini all’aperto e le botteghe artigiane contribuiscono a creare un’atmosfera rilassata e autentica. A ogni angolo, si percepisce il senso di comunità, il rispetto per la memoria e il desiderio di valorizzare ciò che rende Foligno speciale. Eventi che raccontano l’identità Uno dei motivi per cui Foligno conquista chiunque la visiti è la sua capacità di trasformarsi in palcoscenico vivente delle proprie tradizioni. Su tutte spicca la Giostra della Quintana, spettacolare rievocazione storica che due volte l’anno anima la città con cortei in abiti seicenteschi, taverne medievali, giochi cavallereschi e un entusiasmo popolare che contagia. È un tuffo nel passato, ma anche un’esperienza vivissima e coinvolgente, capace di trasportare il visitatore in un’altra epoca. Sapori veri, che parlano di terra e passione Un viaggio a Foligno non è completo senza un assaggio della sua cucina, semplice e genuina, ma ricca di sapori decisi. L’olio extravergine d’oliva, il farro, i legumi, i salumi locali, la torta al testo e il vino Sagrantino sono solo alcune delle delizie che si possono gustare nei ristoranti e nelle trattorie del centro. Ogni piatto racconta una storia di legame profondo con la terra, di stagioni che scandiscono i tempi, di famiglie che tramandano ricette da generazioni. Natura, spiritualità e dintorni da esplorare Foligno è anche un perfetto punto di partenza per esplorare alcuni dei luoghi più suggestivi dell’Umbria. A pochi chilometri si trovano Assisi, con la sua spiritualità francescana, Spello, con i suoi fiori e i suoi affreschi, Montefalco, patria del Sagrantino, e il Parco del Monte Subasio, ideale per escursioni immersi nella natura. Una città da vivere, non solo da visitare Foligno non è una città da “vedere in fretta”. È un luogo da vivere con calma, da assaporare lentamente, magari chiacchierando con i suoi abitanti, partecipando a una festa di quartiere, entrando in una bottega o semplicemente sedendosi su una panchina a guardare la vita che scorre. È una città che sorprende per la sua vivacità culturale, per l’ospitalità sincera, per quel senso di equilibrio raro tra passato e presente. Vieni a Foligno: al centro di tutto, al centro di te Per tutto questo e molto altro, Foligno è una destinazione da scoprire, vivere e ricordare. Una città che non cerca di stupire con effetti speciali, ma che conquista con l’autenticità, la bellezza sobria e il suo modo unico di farti sentire, davvero, al centro del mondo
Festa dei Ceri a Gubbio

Il 15 maggio 2025, Gubbio si prepara a vivere un’esplosione di fede, orgoglio e identità collettiva con l’attesissima Festa dei Ceri, l’evento che ogni anno trasforma il borgo medievale in un vortice di emozioni. Non si tratta di una semplice rievocazione storica, ma di un vero e proprio rito laico-religioso, tramandato da secoli e ancora oggi vissuto con intensità straordinaria da tutta la comunità. La giornata inizia quando la città è ancora avvolta dalla luce dell’alba. I rintocchi solenni del Campanone annunciano l’inizio delle cerimonie, mentre le strade del centro si popolano rapidamente di eugubini in abiti tradizionali, turisti curiosi e devoti venuti da ogni angolo della regione. L’atmosfera è densa di attesa, ma anche di rispetto per un appuntamento che affonda le radici nella devozione popolare e nella memoria condivisa. Al centro della festa ci sono loro: i Ceri, tre monumentali strutture in legno che superano i cinque metri di altezza e che pesano oltre tre quintali ciascuna. Ogni Cero è dedicato a un santo: Sant’Ubaldo, patrono di Gubbio, San Giorgio e Sant’Antonio Abate. Vengono issati con grande maestria nella splendida Piazza Grande, tra applausi, cori e lacrime di commozione, in un gesto che è insieme sfida fisica e atto spirituale. Nel pomeriggio, il momento più atteso: la Corsa dei Ceri. I portatori, detti ceraioli, si lanciano lungo un tracciato che attraversa il cuore della città e sale fino alla Basilica di Sant’Ubaldo, arroccata sul Monte Ingino. Il ritmo è frenetico, i passaggi stretti, le salite estenuanti. Ma nessuno compete per arrivare primo: la corsa è simbolo di dedizione, appartenenza e orgoglio collettivo. Nessun vincitore, se non la tradizione stessa. Tutto si svolge sotto l’attenta supervisione dell’Università dei Muratori, Scalpellini ed Arti Congeneri, custode del cerimoniale e garante della trasmissione autentica di ogni gesto, canto o movimento legato alla festa. Il loro impegno silenzioso ma fondamentale assicura che ogni dettaglio resti fedele alla storia. Le strade si tingono di colori antichi, i balconi si riempiono di drappi, le famiglie si riuniscono come fosse Natale. È un giorno che unisce, che rafforza legami e che ogni eugubino aspetta per un anno intero. E chi ha la fortuna di assistere, anche solo una volta, alla Festa dei Ceri, difficilmente potrà dimenticarne l’energia travolgente e l’autenticità profonda.
Papa Leone XIV: il primo Papa Nordamericano

Un nuovo capitolo si apre nella millenaria storia della Chiesa cattolica. Il Conclave, riunitosi in preghiera e discernimento, ha eletto come 267º successore di San Pietro il cardinale Robert Francis Prevost, che ha scelto il nome di Leone XIV. Una decisione che ha sorpreso molti, ma che si è subito rivelata carica di significati e simbolismi profondi, dando voce alla speranza di rinnovamento spirituale, giustizia e pace in tempi di grande incertezza. Un Papa venuto da lontano, vicino ai cuori Nato il 14 settembre 1955 a Chicago, negli Stati Uniti, Robert Prevost incarna la figura di un pastore mite ma deciso, un uomo del dialogo e del servizio, con uno sguardo sempre rivolto agli ultimi. La sua esperienza è ricca e variegata: missionario per lunghi anni in Perù, poi superiore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, infine chiamato a Roma per guidare il Dicastero per i Vescovi e la Pontificia Commissione per l’America Latina. Una vita segnata da ascolto, studio e dedizione, che lo ha portato a conoscere da vicino le ferite e le speranze delle comunità cattoliche nel mondo. Ed è proprio questa sua capacità di stare accanto a chi soffre, di comprendere le sfide della modernità con spirito evangelico, che ha conquistato il Collegio cardinalizio in un momento cruciale per la Chiesa. Un messaggio di pace e disarmo Nel suo primo discorso al mondo, affacciandosi dalla Loggia della Basilica di San Pietro, Papa Leone XIV ha scelto parole semplici ma profonde, capaci di toccare l’anima. Ha invocato la pace tra i popoli, un mondo senza armi, dove il dialogo e la fratellanza siano strumenti quotidiani di convivenza. Ha ricordato il messaggio del Cristo Risorto come luce che illumina ogni oscurità, chiamando i fedeli a una testimonianza viva e coraggiosa del Vangelo. Il nuovo Papa ha parlato con voce ferma, ma con lo sguardo pieno di compassione. Ha toccato i temi che gli sono cari: la crisi climatica, il dramma dei migranti, le povertà materiali e spirituali, la necessità di costruire una Chiesa che esca da sé per andare incontro al mondo. Un’eredità che raccoglie idealmente dal pontificato di Papa Francesco, proseguendo sul sentiero della misericordia, della sobrietà e della riforma. San Pancrazio ad Albano: un gesto che parla al cuore Tra i primi atti simbolici di Papa Leone XIV, spicca la sua scelta di legare il proprio pontificato alla parrocchia di San Pancrazio ad Albano Laziale, una delle diocesi suburbicarie storicamente collegate al Papa. Un gesto che ha subito colpito i fedeli dei Castelli Romani e non solo, rilanciando il valore delle Chiese locali come laboratori di fede e comunità. La vicinanza a San Pancrazio non è soltanto una scelta affettiva o formale, ma rappresenta il desiderio di un Papa che vuole essere vicino alla gente, alle periferie spirituali e geografiche, ai territori spesso dimenticati. Un legame profondo con il Perù e l’America Latina Non è mancato, nel suo primo saluto da Pontefice, un pensiero affettuoso per la diocesi di Chiclayo, in Perù, dove ha operato come missionario. In quelle terre, il futuro Papa ha maturato una profonda sensibilità per i problemi dell’America Latina, per la sofferenza delle popolazioni indigene, per la bellezza di una fede vissuta in mezzo alle difficoltà. Il suo legame con il continente sudamericano sarà certamente uno dei punti di forza del nuovo pontificato, che si preannuncia attento alle dinamiche globali ma con un cuore ben radicato nelle realtà locali. Una guida per tempi complessi L’elezione di Papa Leone XIV giunge in un momento storico complesso: guerre, crisi ambientali, disuguaglianze crescenti, sfiducia nelle istituzioni. Di fronte a tutto questo, la figura del nuovo Pontefice si propone come punto di riferimento, voce profetica e guida morale. Il suo stile sobrio e la sua profonda preparazione dottrinale rappresentano un ponte tra la tradizione e le esigenze del presente, tra la fedeltà al Magistero e la necessità di parlare all’uomo contemporaneo. Un pontificato di speranza e rinnovamento La Chiesa cattolica guarda ora a Leone XIV con occhi colmi di attesa. Il suo pontificato si apre sotto il segno della speranza, del servizio e del rinnovamento. Il mondo ha bisogno di voci che sappiano costruire ponti, abbattere muri, indicare orizzonti di pace. Papa Leone XIV sembra pronto a raccogliere questa sfida, con l’umiltà dei santi e la fermezza dei veri pastori. Inizia così una nuova stagione per la Chiesa universale, guidata da un uomo che ha camminato a lungo accanto al popolo di Dio, e che ora si mette al servizio di tutti, con cuore aperto e fede incrollabile.
Calendimaggio di Assisi 2025

Assisi è pronta a risplendere ancora una volta con i colori, i suoni e le atmosfere del Medioevo. Dal 7 al 10 maggio 2025, la città umbra ospiterà una nuova edizione del Calendimaggio, una delle rievocazioni storiche più affascinanti d’Italia. Per quattro giorni, il centro storico diventa un palcoscenico a cielo aperto, dove si celebra l’arrivo della primavera con spettacoli, gare e sfilate in costume che affondano le radici nella tradizione popolare e nei riti stagionali del passato. Il cuore pulsante della festa è la sfida tra le due fazioni cittadine: Parte de Sopra e Parte de Sotto, che si contendono l’ambito Palio del Calendimaggio. Le due parti della città, divise dall’antico spirito civico e oggi unite nella rivalità festosa, si affrontano in una serie di eventi che comprendono cortei storici, gare di canto corale, rappresentazioni teatrali e spettacoli notturni. Il tutto si svolge in un rigoroso contesto filologico: i costumi, i gesti e persino i modi di parlare sono fedelmente ricreati secondo le fonti storiche del XIII e XIV secolo. La manifestazione ha origini antiche, legate alle celebrazioni pagane per l’arrivo della bella stagione, poi cristianizzate nel tempo e rielaborate fino a diventare, negli anni Trenta del Novecento, un evento organizzato e riconosciuto a livello nazionale. Oggi il Calendimaggio è un appuntamento immancabile per chi ama la storia, la cultura e le tradizioni locali. Ogni edizione è giudicata da una giuria composta da esperti di musica, teatro e storia medievale, che decretano la parte vincitrice in base alla qualità artistica delle esibizioni. Ma al di là della competizione, il vero spirito del Calendimaggio risiede nella partecipazione collettiva: centinaia di cittadini prendono parte all’organizzazione, indossano abiti d’epoca, interpretano ruoli e danno vita a un racconto corale che coinvolge tutta Assisi. Oltre agli spettacoli, il pubblico può godersi l’atmosfera unica della città: strade e piazze si riempiono di bandiere, fiaccole, musici e tamburini. Non mancano le taverne con piatti tipici umbri, i mercatini artigianali e le visite guidate nei luoghi simbolo del borgo. Il Calendimaggio 2025 si preannuncia come un’edizione ricca di emozioni, in grado di attrarre visitatori da tutta Italia e dall’estero. Un viaggio nel tempo, tra storia e leggenda, dove la primavera si festeggia come un tempo, con il cuore e con l’anima.
Stroncone un angolo segreto dell’Umbria tra pietra antica e profumo di tartufo

Nascosto tra le morbide colline umbre e immerso in una distesa di ulivi, Stroncone è un borgo che sembra sospeso nel tempo. Situato a circa 450 metri d’altitudine, questo piccolo paese medievale è un perfetto esempio di come la storia, l’arte e la natura possano fondersi in un’atmosfera unica e suggestiva. Passeggiare per le sue strade è come compiere un viaggio nel passato: ogni angolo racconta un frammento di storia, ogni pietra sembra custodire un segreto. Le vie strette e serpeggianti, gli archi in pietra che si aprono su scorci improvvisi, i vicoli nascosti e le scalinate ripide creano un percorso affascinante e ricco di sorprese. L’intero centro storico è ancora racchiuso entro le mura difensive che, nei secoli, hanno protetto gli abitanti dalle invasioni e dai conflitti con i paesi vicini. Il passato di Stroncone è segnato da momenti difficili e da una forte volontà di rinascita. Nel Medioevo, durante le lotte territoriali tra borghi umbri, il paese fu quasi completamente distrutto. Ma la tenacia dei suoi abitanti e la protezione papale permisero a questo luogo di rinascere e di conservare intatta la sua identità. Oggi, il borgo si presenta al visitatore come un mosaico perfetto di storia e autenticità. Appena varcata la porta principale del paese, si viene accolti da una fontana seicentesca in Piazza della Libertà, un primo assaggio della bellezza sobria ma elegante che caratterizza Stroncone. Subito dopo, si apre una piccola piazza interna dove sorge un pozzo medievale e l’Oratorio di San Giovanni Decollato. Quest’ultimo, risalente al XV secolo, è un luogo intimo ma sorprendente: al suo interno si possono ammirare affreschi vivaci che narrano episodi della vita del santo, decorazioni in stucco finemente lavorate e una pala d’altare che attira lo sguardo per la sua armonia compositiva. Proseguendo lungo il dedalo di viuzze, si giunge al Palazzo Comunale, un edificio che conserva l’impronta architettonica delle sue origini trecentesche, pur essendo stato ampliato e ristrutturato nel corso dei secoli. Dalla piccola terrazza antistante, conosciuta come Piazzetta della Torre, si apre un panorama straordinario che spazia sui colli umbri fino a lambire i confini del Lazio. Un punto perfetto per fermarsi, respirare profondamente e godere del silenzio e della pace che solo i borghi più autentici sanno regalare. Non lontano dal palazzo, si trova la Chiesa Collegiata di San Nicolò. Il suo campanile svetta tra i tetti del borgo e l’interno, decorato con affreschi dei secoli XVII e XVIII, racconta una spiritualità semplice ma intensa, propria di questi luoghi antichi. Ma Stroncone non è solo pietra, arte e panorami. È anche terra di sapori, profumi e tradizioni. Uno dei prodotti più pregiati della zona è senza dubbio il tartufo nero, che qui trova un habitat ideale grazie alla presenza del vicino fiume Nera e dei boschi umidi che lo circondano. Le specialità locali lo esaltano in piatti tipici come le ciriole al tartufo, una pasta fresca fatta a mano che cattura tutto il profumo del sottobosco. Il borgo è anche teatro di eventi che ne esprimono l’anima più autentica. In autunno, ad esempio, le vie si animano con la Festa della Castagna: una celebrazione della stagione e dei frutti della terra, durante la quale si possono gustare caldarroste, dolci artigianali e piatti tradizionali preparati secondo antiche ricette tramandate di generazione in generazione. Stroncone è uno di quei luoghi capaci di sorprendere chi è in cerca di autenticità. Non è il classico borgo da cartolina: è vero, vissuto, ancora poco toccato dal turismo di massa. È perfetto per chi ama perdersi in angoli silenziosi, per chi cerca la bellezza nella semplicità e per chi sa riconoscere il valore della lentezza. Cinque esperienze da vivere a Stroncone:
Umbria in Sella Fabriano Protagonista di una Tappa Speciale

Un inedito itinerario su due ruote ha solcato le strade dell’Umbria dal 1 al 4 maggio 2025, battezzato significativamente “Rally delle Due Fontane”. Questa manifestazione moto-turistica di risonanza europea, orchestrata dal Moto Club Umbria A.S.D., ha visto oltre duecento motociclisti esplorare un percorso di circa 750 chilometri, con un’attenzione particolare rivolta al recente legame tra Perugia e Fabriano. Il cuore pulsante dell’evento è stato il simbolico gemellaggio tra la Fontana Maggiore di Perugia e la Fontana Sturinalto di Fabriano. Un patto di amicizia tra le due municipalità appenniniche, sancito da un accordo istituzionale, che ha trovato nel rally una sua peculiare celebrazione con una tappa dedicata nella città della carta. L’idea di questa significativa sosta a Fabriano è germogliata da una sinergia intellettuale tra Filippo Ceccucci e il Professor Fabio Marcelli. Ceccucci ha proposto al Moto Club Umbria e al team organizzativo di imprimere alla quattordicesima edizione del Rally dell’Umbria una frazione di percorso dal forte significato culturale e simbolico, un suggerimento accolto con entusiasmo e prontamente inserito nel programma. Il Percorso in Dettaglio: Il sipario sulla XIV edizione si è alzato il 2 maggio con il rombo dei motori che hanno animato Corso Vannucci a Perugia. Preceduti dal saluto istituzionale del Sindaco Vittoria Ferdinandi nella prestigiosa Sala dei Notari, gli oltre 250 centauri si sono lanciati lungo strade secondarie, serpeggiando attraverso il cuore verde della regione, fino a raggiungere Fabriano. Qui, Piazza del Comune si è trasformata in un vivace palcoscenico per un momento di convivialità e festa. Il “Rally delle Due Fontane” si è confermato un efficace strumento di promozione territoriale, culturale e turistica, snodandosi per tre giorni attraverso un tracciato di notevole lunghezza che ha toccato anche le rinomate località di Deruta, celebre per la sua ceramica, e Monteleone d’Orvieto, scrigno di storia e tradizioni. Le Fasi Salienti del Rally: Questa inedita edizione del rally ha saputo coniugare la passione per le due ruote con la valorizzazione del patrimonio culturale e i legami tra le comunità umbre, con un focus speciale sul nuovo asse ideale tra Perugia e Fabriano, unite nel segno delle loro storiche fontane.